Partiamo dalla fine
Viviamo in un momento culturale in cui ognuno di noi ha la possibilità di esprimere quello che pensa e dirlo a chiunque, conoscente o meno che sia. Scrivo su un social media e ho detto la mia, a tutti. Questa è la causa che ci fa vivere in un mondo di fraintendimenti. Senza questa possibilità sarebbe tutto qualitativamente migliore quando abbiamo occasione di parlare agli altri. E questo è un dato certo perché lo abbiamo verificato tutti prima di avere queste nuove possibilità di comunicazione e possiamo ancora farlo adottando i vecchi sistemi. Parlavi con un amico di una determinata cosa e la dicevi in un modo, la stessa detta ad un familiare risultava in un altro modo, ad un cliente, all’amico dell’amico, ad un conoscente, ancora in altri modi. Con le nuove possibilità parli senza sapere a chi stai parlando e chi ti ascolta di te non sa nulla. Parli con tutti allo stesso modo per poi dare dello stupido a chi ti legge o fare la parte dell’incompreso. Ma tu non sei quel famoso professore tanto citato, non sei quel giornalista così letto, non sei quel politico tanto criticato e non sei neanche lo sportivo di turno che tutti invidiano, famosa velina inclusa. E quando parli lo fai di pancia senza valutare chi hai di fronte, cosa vuoi fargli capire in particolare e che contributo potrebbe dare alla tua opinione dalla sua posizione. Da qui partono le incomprensioni. E cosa si può fare?

Riprendiamo dall’inizio
Quando si tratta di parlare con gli altri, ognuno di noi valuta con ragione cosa vuole dire, si concentra sui contenuti e sulla forza con la quale li vuole sostenere, oppure con l’insicurezza di chi non è convinto di ciò che sostiene. Si chiama confronto, è un atto intelligente. Oltre ai contenuti ci si impegna ad utilizzare un certo modo di parlare con l’interlocutore scelto. Ma contenuti e modalità sono due aspetti che si distinguono per un particolare. Mentre la concentrazione sui contenuti è un’azione controllata, il modo di parlare è un atto spontaneo dettato da diversi fattori che si incrociano: la confidenza, il tema del confronto e l’obiettivo che ci si pone, l’umore, il tempo a disposizione, etc.

Tutti questi aspetti, e altri ancora, concorrono a costruire un messaggio completo che non è composto solo di parole, gesti e mimica. Esiste infatti una componente che non è controllabile da chi parla e che si forma nella mente di chi ascolta: il percepito. Si tratta di un valore che prende forma in maniera spontanea e che non coincide necessariamente tra le due parti. Quel percepito è, troppo spesso, il dato che crea l’umore della conversazione. È talmente condizionato dalle circostanze che non è detto che quella stessa persona in due conversazioni differenti possa garantire di comunicare o recepire lo stesso percepito.

Il terzo aspetto della conversazione
È innegabile quindi che, oltre a contenuto e modo di presentarlo, il terzo aspetto fondamentale da valutare nel parlare con gli altri – anche a reti unificate – è il percepito. Proviamo a definirlo. Il percepito è quel significato che si riceve dalle sensazioni che si provano quando ci si imbatte in qualcosa. Vive in uno scenario molto ampio, dalle sensazioni fisiche a quelle emotive, fino a quelle propriamente sensoriali, appunto. È un aspetto che va oltre il tono di voce, oltre l’empatia. È quel dato che è solo nostro e che non si controlla ma che risulta molto credibile nella propria intimità. Ed è proprio il significato percepito che crea i fraintendimenti di cui sopra. Chi non ci conosce è portato a dare più importanza al proprio percepito che ai contenuti di chi parla, specialmente se non si è proprio d’accordo con i contenuti stessi.

Come controllare quel percepito dunque? Qualche aspetto da seguire

  • Adotta un metodo.
    È la componente che meno di tutte curiamo quando parliamo, specialmente in modo spontaneo. Ne esistono due, celebri: l’induttivo e il deduttivo. Se si vuole costruire la base ad un percepito positivo, è sempre bene partire da un dato certo, inconfutabile che sia di valido supporto al tema che vogliamo sostenere. Non a caso anche Aristotele, nei suoi sillogismi, ricorreva al metodo deduttivo in cui la verità delle premesse è garanzia della validità delle conclusioni. Schopenhauer è di opposto parere, per lui la ragione si ottiene dall’analisi di casi particolari per ottenere conclusioni generali. Ma percepito e ragione non fanno parte dello stesso ambito.
  • Crea un valore.
    È un aspetto che fa bene anche a noi stessi quando costruiamo una nostra opinione. È utile chiedersi sempre se questa o quella nostra convinzione abbia veramente valore, sia qualcosa che ci rappresenta davvero, qualcosa che se viene riferita ad un terzo destinatario parla sinceramente di noi. Inutile costruirsi tante opinioni come vestiti in un armadio… meglio indossare pochi abiti ma sempre di buona sartoria e che ci stiano bene.
  • Utilizza un linguaggio semplice.
    Più tempo dai ad un interlocutore di costruire quel percepito, più dati utilizzerà (inconsciamente) per costruirlo. Asciuga i concetti, dì le cose in maniera semplice, non puntare agli effetti wow, sono più dannosi di quanto possa pensare. Semmai lascia che gli altri evidenzino le verità che esponi con semplicità. Alla fine dei conti aiutano anche la tua autostima e avrai un percepito di te stesso di certo positivo.
  • Chiedi aiuto ai migliori.
    Non sei nessuno, l’abbiamo già detto. E anche se sei qualcuno, c’è sempre chi è migliore di te. Utilizza maestri che hanno capito prima e più di te, che hanno studiato e hanno costruito competenza per quel determinato tema. Affida anche a loro il percepito che vuoi arrivi agli altri. Poche righe fa hai capito che io ho studiato Aristotele e Schopenhauer e qualunque percepito tu abbia di quello che stai leggendo, un po’ dipende anche da loro.

Se tutti gli ormai famosi leoni da tastiera valutassero il percepito che spargono in giro in maniera così incurante, avremmo sicuramente la possibilità di confronti più autentici, anche sui social media. Così, come nella vita reale che così tanto sta mutuando da modi, linguaggi e relazioni costruite sui e per mezzo dei social media. Soprattutto, è necessario affidare a quel percepito il valore aggiunto del proprio contenuto con l’obiettivo di lasciare ogni nostro interlocutore con una smorfia di piacere e un percepito positivo per il tema su cui ci si è confrontati. Il percepito è quel significato che, abilmente valutato, può consentirci di essere davvero liberi di utilizzare modi e contenuti nel parlare con gli altri senza togliere valore alle relazioni e lasciandoci sempre con un piacevole sorriso e qualche reciproco insegnamento in più.